Il problema, però, è proprio trovare un equilibro tra equità e sostenibilità, punto sul quale governo e sindacati al momento non sembrano concordi. Come riportato sul Corriere della Sera, i sindacati propongono un pensionamento dai 62 anni d’età, su base volontaria, e senza l’applicazione integrale del metodo di calcolo contributivo, ma secondo il meccanismo pro rata dal 2012 (ossia per i lavoratori che rientrano nel sistema retributivo o misto).
Per il governo un pensionamento così anticipato sarebbe troppo costoso e propone una sorta di quota 102, con un’età almeno di 64 anni e 38 anni di contributi. Inoltre, la pensione se anticipata è calcolata interamente con il metodo contributivo.
La preoccupazione maggiore è appunto la sostenibilità nonché la spesa pensionistica. Stime ufficiose, come si legge su Repubblica, parlano di 20 miliardi di euro per poter superare la riforma Fornero.
Inoltre, come evidenziato, se da un lato si vuole evitare lo “scalone” nel 2022 da quota 100 (62 anni) alla pensione di vecchiaia (67 anni), dall’altro è di difficile applicazione la proposta dei sindacati, con una scalone in discesa questa volta e senza neppure un ricalcolo interamente contributivo della pensione.
Spesa pensionistica pari al 16% del Pil: separare assistenza e previdenza
Come riportato su Repubblica, secondo i sindacati il fatto che la spesa pensionistica in Italia sia tra le più altre in Europa, pari al 16% del Pil, è dovuto anche all’assistenza. Secondo il centro studi Itinerari Previdenziali nel 2018 la spesa assistenziale ha raggiunto 118 miliardi, ossia quasi il 59% in più in dieci anni.
Anche il Corriere riporta le preoccupazioni del governo sul punto, dal momento che queste proiezioni considerano percentuali di spesa del Pil, in aumento nei prossimi decenni, rispetto ad una crescita dell’1,2%, quando dal 2000 la crescita media del Pil italiano è stata dello 0,2% l’anno.
Una terza proposta accanto a quella di sindacati e governo
In alternativa a quota 102 o al pensionamento dai 62 anni in poi, il Professor Tito Boeri, ex Presidente dell’INPS, rilasciando un intervista su La Stampa, propone una terza possibile soluzione: superare quota 100 e attutire l’effetto dello “scalone” rispetto alla pensione di vecchiaia rendendo molto meno vantaggioso anticipare la pensione. In sostanza andrebbe applicata una riduzione dell’1,5% per ogni anno di anticipo rispetto ai requisiti di vecchiaia.
Oggi si apre questo tavolo per una riforma pensioni ma ci vorrà senz’altro parecchio tempo per la sua conclusione. Meglio nel frattempo pensare alla pensione da sé, aderendo ad un fondo pensione e contribuendo per costruirsi una pensione integrativa.