Molti tra le file delle nuove generazioni hanno ormai capito che una pensione pubblica adeguata è ormai un’utopia, e certamente – qualora mai ci dovessero arrivare – essa non sarà certo come quelle a cui sono abituati oggi genitori e nonni.
Significative a riguardo sono le parole di Daniele Manca, come riporta nell’articolo di questa settimana Ferruccio de Bortoli sul Corriere della Sera: “i perdenti sono i giovani per i quali l’orizzonte previdenziale rischia di essere una distopica Quota Zero.”
Nel dibattito sull’età pensionabile – tema tornato alla ribalta nelle cronache delle ultime settimane grazie alla discussione Quota 100 – si è trascurato di menzionare che molti di coloro che oggi rappresentano la forza lavoro che sostiene l’economia del sistema Italia, non arriveranno mai a vederla la pensione.
Il tutto senza considerare che, grazie al moderno mondo del lavoro, sarà sempre di più necessario integrare il vuoto che scaturisce dai periodi di stop forzato tra la fine di un lavoro e l’inizio di un altro, non ultimo quello fino al raggiungimento dell’età pensionabile.
Ne consegue che fare affidamento solo ed esclusivamente su Inps e casse previdenziali sia ormai divenuto un lusso che i moderni lavoratori e soprattutto i più giovani non possono più permettersi.
Il futuro passa attraverso la previdenza integrativa
Come sottolineato da Ferruccio de Bortoli nel suo articolo: “Nel 2050 forse saremo riusciti a raggiungere il traguardo di emissioni zero, ma con un rapporto stimato di 1,1 lavoratori stabili per ogni pensionato il sistema faticherà ad emettere gli assegni mensili. Si respirerà una brutta aria previdenziale. I ricordi di Quota 100 saranno simili ai fasti di una sorta di irresponsabile «età dell’oro»“
Se questo è il futuro che attende tutti noi, diventa perciò difficile comprendere come non si pensi a promuovere e rafforzare la previdenza integrativa che, anche nonostante i due anni di pandemia, continua ad essere un trend in costante crescita superando 9,5 milioni di iscritti e facendo segnare un +2,5% rispetto allo scorso anno. Anche in termini di rendimento i fondi pensione non sembrano aver risentito del Covid19, segnando un +3,1% nei fondi negoziali e un +4,1% per quelli aperti e con una rivalutazione del TFR del 1,9% dal 2011 ad oggi.
Come spiega Mario Padula – presidente Covip – “Non dimentichiamoci che il primo pilastro è più esposto al rischio Italia. I fondi complementari meno, agiscono con le logiche di mercato del risparmio gestito. Alle politiche attive del lavoro dovrebbero affiancarsi quelle della previdenza. I giovani hanno contratti discontinui, precari. Un contributo pubblico potrebbe essere versato, in maniera selettiva, sulla base della prova dei mezzi, come si dice, a lavoratrici e lavoratori più giovani, spesso purtroppo ai margini del mercato del lavoro, esposti al rischio povertà. Poi, sarebbe utile aumentare la flessibilità della fruizione dei vantaggi fiscali della contribuzione, permettendo di utilizzare su più anni d’imposta i benefici non goduti in un uno specifico anno».
Anche propensione.it – in quanto leader nel settore della previdenza integrativa – è stata interpellata sul tema. Spiega infatti Raffaele Agrusti – uno dei fondatori di propensione.it insiema a Giancarlo Scotti – «Il sistema fiscale attuale, basato sulla progressività penalizza di fatto le fasce di lavoratori più bisognosi di coprire gli eventuali vuoti in attesa dell’assegno pensionistico. La deduzione fiscale ai fini Irpef uguale per tutti (5.164,57 euro) favorisce nella sostanza chi sta meglio. Chi sta peggio fatica di più a realizzare un’adeguata posizione previdenziale di secondo pilastro, sacrificando altre necessità familiari. Se si vuole riconoscere alla previdenza integrativa un effettivo ruolo di contenimento dell’impatto sociale legato al progressivo allungamento dell’età pensionabile si può pensare a un meccanismo moltiplicatore della deducibilità dei contributi per le fasce sociali a più basso reddito. Così lo Stato riconoscerebbe un maggior aiuto a questa categoria di cittadini, allineandolo al vantaggio fiscale riservato ai titolari di reddito più elevato».
Le idee per il futuro
Tra le varie ipotesi sul tavolo si è pensato di aumentare il tetto di deducibilità, già esteso per legge ai familiari. In Commissioni Finanze di Camera e Senato si è anche valutato di allineare la fiscalità della previdenza integrativa a quella europea, laddove non si tassa in fase di maturazione ma solo alla fine, quando si riscatta il capitale o si comincia a godere dell’integrazione.
All’allineamento su cui l’Europa sta già lavorando, con il rilascio dei cosiddetti PEPP (Pan european personal pension product), i fondi pensionistici personali europei che daranno la possibilità di trasferire i fondi pensione all’interno degli stati membri.
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