Quando si parla del tema pensionistico tutti sanno che la pensione pubblica, a seguito al passaggio dal vecchio sistema retributivo a quello contributivo, non sarà più sufficiente a garantire un tenore di vita adeguato.
Nonostante questa consapevolezza, in molti tendono a non agire al fine di affrontare in modo concreto questo problema e a rimandare la questione a un domani non meglio definito.
Il tema del rimando e del procrastinare ci ha incuriosito particolarmente, tanto che abbiamo deciso di parlarne con la Psicologa Dott.ssa Antonella Pasqualini, psicologa, psicoterapeuta e psicotraumatologa, laureata all’Università degli Studi di Milano e socio ordinario dello Studio Associato A.R.P di Milano è specializzata in psicologia clinica, psicoterapia del bambino e dell’adolescente. La sua formazione si è arricchita negli anni con la terapia sistemico-relazionale e la psicoterapia sensomotoria. La dott.ssa Pasqualini si occupa della diagnosi e della cura dei disturbi della prima infanzia, dell’età evolutiva e delle relazioni familiari, oltre che della diagnosi e della cura del trauma psicologico.
Parlando di giovani e futuro, quali sono le paure e i timori che riguardano le nuove generazioni?
I giovani hanno davanti a loro un mondo molto più povero di certezze e sicurezze di quello della generazione che li ha preceduti oltre che , molto più competitivo veloce e concorrenziale a causa della globalizzazione che ha aumentato e diversificato il numero dei “Modelli di funzionamento ”, cognitivo, affettivo e comportamentale.
Hanno paura di non riuscire a trovare una collocazione nel mondo , di sbagliare, e “dell’ insuccesso” . Non a caso, se possono permetterselo , spesso ritardano e rimandano la loro entrata nel mondo del lavoro attraverso super specializzazioni e formazioni che sicuramente sono importanti e necessarie per essere più competenti ma molto spesso sono delle strade per ritardare il confronto con la grande competizione del mondo del lavoro.
Cosa intendiamo per “rimando” e “procrastinare” e dove fondano le loro radici questi due atteggiamenti?
Si rimanda qualcosa per diversi motivi tra cui alcuni tra i più importanti sono
la mancanza di competenza in materia e la paura, spesso tra loro correlate in quanto la conoscenza di un fenomeno nuovo aiuta e fa da risorsa alla paura di affrontarlo.
Ci comportiamo in modo diverso se la paura è sentita come qualcosa di “affrontabile” oppure al contrario se sentiamo che non abbiamo le risorse e gli strumenti per maneggiarla.
Nel secondo caso, se possediamo un “programma” o un “protocollo” che ci aiuta ad assumere quelle informazioni che ci consentono di sentirci competenti, non avremo grandi difficoltà a prendere una decisione.
Il processo decisionale coinvolge il cervello ed il suo complesso funzionamento.
Parlando di cervello ci riferiamo ad un sistema complesso costituito da 3 parti legate ed integrate tra di loro.
Il cervello Rettiliano ( il primo a svilupparsi sia filogeneticamente che ontogeneticamente) è la sede delle principali funzioni autonome ed involontarie come la respirazione, il battito cardiaco e altro.
Il cervello limbico è la sede delle emozioni e delle relazioni.
Infine, abbiamo il cervello corticale o altrimenti definito neocorteccia (l’ultimo a svilupparsi) dove hanno sede le funzioni superiori come memoria attenzione pianificazione controllo concentrazione e tutte le funzioni cognitive superiori indispensabili per prendere una decisione.
E’ evidente che se siamo in uno stato emotivo di una certa rilevanza come la paura, o la rabbia o l’insicurezza, oppure se siamo affamati o assonnati, i sistemi limbico e rettiliano, deputati a processare emozioni o sensazioni, “dirotteranno” a diverso titolo i livelli superiori del cervello impedendogli di funzionare in modo corretto ed interferendo nel processo decisionale; potremo decidere d’impulso senza pianificare e riflettere oppure evitare e rimandare la decisione.
Il cervello cognitivo, cioè la corteccia cerebrale, per funzionare ha bisogno dell’equilibrio e della integrazione di tutte le sue parti.
E’ evidente tuttavia che evitare di decidere e di scegliere, procrastinando e pensando che si deciderà più avanti costituisce a sua volta una scelta ed e una decisione anche se chi rimanda pensa di non scegliere.
Quanto incide su questi due comportamenti la paura del futuro e il senso di incertezza che vivono soprattutto le generazioni dai millennials in poi?
È evidente da quanto detto che la “paura” del futuro, della precarietà e dell’incertezza che caratterizza il mondo in cui i millennials si ritrovano a vivere sono responsabili del comportamento di evitamento e rimando di molte scelte tra cui quella di occuparsi di un problema che li riguarderà nel futuro. Per fare un progetto, o per sposare una scelta come quella sopraindicata devo proiettarmi nel futuro. E posso proiettarmi nel futuro se posso contare su un presente il più possibile certo e rassicurante, su un hic et Nunc che mi consenta di vedermi proiettato in modo tranquillo nel futuro.
Come mai, pur percependo il problema crescente dell’insufficienza della futura pensione pubblica e della necessità della previdenza integrativa, i giovani tendono a non pensare alla tutela del proprio futuro? Secondo lei, quali soluzioni potrebbero far superare il rimando e spingere ad agire?
Se stiamo sulla paura come terreno predisponente per il comportamento del rimando e del procrastinare, per il mio modesto osservatorio dei millenials credo che in tema di pensione e previdenza non abbiano in alcun modo alcuna conoscenza e competenza del problema, che per altro sentono molto lontano nel tempo. Forse sarebbero necessarie vere e proprie campagne di pre-education in grado di sensibilizzarli sul problema fornendo loro delle competenze sul tema.
Credo che un modo utile per superare il rimando e spingere ad agire sia fornire informazioni e competenze (risorse in grado di calmare le paure) in un modo che contempli la relazione con un essere umano e quindi non soltanto attraverso la digitalizzazione.
Siamo esseri sociali ed il cervello in particolare per svilupparsi ha bisogno della relazione interattiva con l’altro, altrimenti non si sviluppa proprio.
Questo per dire che l’evitamento ed il blocco che la paura genera non è dato solo dalla paura ma dall’essere soli con quella paura.
Quindi mi immagino che la “relazione “con qualcuno che è interattivamente presente nel momento in cui avviene la decisione possa essere una “risorsa” che calma e riduce il rimando ed il procrastinare.