Il 30 dicembre appena trascorso è stata pubblicata la legge di bilancio 2023, quali sono le misure principali in tema pensioni e fisco?
Le novità non sono moltissime, per di più già annunciate nei mesi precedenti alla sua promulgazione:
- Quota 103
- proroga ape sociale
- proroga opzione donna, con qualche modifica
- taglio al cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti
- rimandata per il momento la riforma fiscale dell’IRPEF
Quota 103 in via sperimentale per il 2023
Nel 2023 per i lavoratori iscritti all’AGO e alle altre gestioni INPS (gestione separata, forme esclusive e sostitutive dell’AGO) la legge di bilancio ha introdotto, in via sperimentale, la meglio nota “Quota 103”, una misura di pensionamento flessibile e anticipato, rispetto alle vie ordinarie di vecchiaia o anticipata, che di fatto sostituisce la precedente Quota 102 del 2022.
Sarà quindi possibile accedere alla pensione prima di quella vecchiaia (attuali 67 anni + 20 di contributi) con un’età anagrafica di almeno 62 anni e un’anzianità contributiva minima di 41 anni. Rispetto alla misura precedente, quindi, la combinazione ha previsto un innalzamento dell’anzianità contributiva (+ tre anni) a fronte di abbassamento dell’età anagrafica di due anni.
Come precisato nella legge di bilancio, questo trattamento non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui. Questo limite vale dal primo giorno di decorrenza della pensione quota 103, fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia.
Precisiamo, invece, che come chiarito dalla COVIP, la misura è compatibile con l’eventuale percezione della RITA del proprio fondo pensione integrativo, che non è cumulabile solamente con la pensione di vecchiaia.
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Proroga APE Sociale anche nel 2023
Fino al 31 dicembre 2023 sarà ancora in vigore l’ape sociale, l’anticipo pensionistico garantito dallo Stato ed erogato dall’INPS alle seguenti condizioni:
- 63 anni d’età e con almeno 30 o 36 anni di contributi a seconda dei casi
- quattro situazioni di bisogno previste: 1. disoccupazione (lavoratori dipendenti in stato di disoccupazione che abbiano esaurito il trattamento di NASpI o equivalente, 2. caregivers (assistenza a familiari), 3. disabilità (invalidi civili al 74%), per le quali sono richiesti 30 anni di contributi e 4. lavori usuranti per i quali sono necessari invece 36 anni di contributi.
L’indennità, quindi, viene erogata a chi versa in queste specifiche condizioni, fino al raggiungimento dei requisiti per il pensionamento.
Opzione Donna con qualche modifica
Per le lavoratrici che entro il 31 dicembre 2022 hanno un’età anagrafica di almeno 60 anni, ridotta di un anno per ogni figlio nel limite massimo di due anni e almeno 35 anni di contributi, anche nel 2023 sarà possibile accedere anticipatamente alla pensione con la proroga di opzione donna. Devono però trovarsi in una delle seguenti categorie: caregivers, con invalidità superiore o uguale al 74%, lavoratrici licenziate o dipendenti di aziende per le quali è attivo un tavolo di crisi.
Rispetto alla misura precedente, quindi, oltre all’introduzione di queste situazioni di bisogno, non c’è più una distinzione tra lavoratrici autonome e dipendenti, per le quali il requisito anagrafico è stato unificato e aumentato rispettivamente di 1 e 2 anni.
Anche nel 2023 taglio al cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti
Anche nel 2023 è stato previsto un taglio al cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti, leggermente incrementato rispetto al 2022 (allo 0,8% aveva previsto un ulteriore taglio dei contributi previdenziali dovuti pari all’ 1,2%, per i redditi fino a 35.000euro lordi) per le fasce di reddito più basse.
In particolare, la legge di bilancio 2023 ha previsto un taglio sempre pari al 2% per redditi sino ai 35.000 euro lordi e del 3% per quelli fino a 25.000 euro lordi, considerando anche la tredicesima mensilità di dicembre. L’esonero opera sulla quota parte di contributi previdenziali a carico del lavoratore, ossia il 9,19% dell’aliquota complessiva del 33% (mentre il restante 23,81% compete al datore di lavoro).
Questo sconto contributivo si traduce, in sostanza, in un maggiore stipendio netto in busta paga, calcolato in un articolo del Sole24Ore+ del 21 dicembre scorso come segue:
Rispetto al 2022, in cui già era previsto uno sconto del 2% complessivo, per i redditi fino a 25.000 euro, grazie all’ulteriore taglio dell’1%, ci sarà un risparmio fino a 493,85 euro annui.
Invariato, invece, per la fascia successiva fino a 35.000 euro, dove la riduzione va dai 362 euro ai 394,23 euro annui.
Riforma fiscale IRPEF: come e quando?
La preannunciata riforma fiscale dell’IRPEF è stata invece rimandata, anche se l’intenzione è di vararla in tempi brevi, se non addirittura a metà febbraio, come riportato sul Sole24Ore.
Quali sono i principi alla base della futura riforma? Un impianto complessivamente “più equo e giusto”, ispirato a quanto già iniziato dal Governo Draghi.
In primis, quindi, si conferma l’intenzione di introdurre il cosiddetto “modello duale”, cioè con una distinzione tra redditi da lavoro, interessati dalla progressività e i redditi di capitale e immobiliari, per i quali è prevista un’imposta proporzionale.
Riformate da solo un anno, con il passaggio a partire dal 1 gennaio 2022 a quattro scaglioni rispetto ai 5 precedenti, anche le aliquote IRPEF dovrebbero essere ulteriormente modificate, riducendosi un via transitoria a tre, prima dell’introduzione dell’aliquota unica, nota come flat tax.
Unificando le due fasce di reddito intermedie, la prima fino a 15.000 euro rimarrebbe invariata con aliquota al 23%, il secondo scaglione si estenderebbe ai redditi da 15.0001 fino a 50.000 euro, con aliquota al 27% e infine l’ultimo scaglione rimarrebbe sopra i 50.000 euro, con l’aliquota del 43%.
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