Un anno è quasi passato dalla pubblicazione nella gazzetta ufficiale europea della regolamentazione attuativa dei PEPP – prodotto pensionistico individuale paneuropeo. Precisamente, a partire dal prossimo 22 marzo saranno applicabili anche in Italia i Regolamenti UE e si potrà avviare, almeno sulla carta, l’operatività dei PEPP. Manca, infatti, un ultimo step essenziale: l’adeguamento della normativa nazionale per stabilire quali saranno le regole effettive di funzionamento dei PEPP nel nostro Paese. Fermo il fatto che non si sostituiranno ai fondi pensione italiani, alcune regole non regolamentate in maniera inderogabile dal legislatore europeo sono lasciate alla discrezionalità dei singoli ordinamenti nazionali.
La pensione integrativa portabile per tutta l’Unione Europea
I PEPP nascono con lo scopo ben preciso di consentire a tutti i cittadini UE di costruirsi una pensione integrativa ovunque risiedano nel corso della propria vita, alla luce della crucialità ormai dello strumento. Per farlo, l’aderente deve essere messo nella condizione di porter proseguire il proprio risparmio previdenziale anche in caso di mobilità per l’Europa. La caratteristica principale del PEPP, quindi, è proprio la sua portabilità, assicurata a sua volta non solo dall’emanazione di una regolamentazione UE che getta per lo meno le basi per una normativa laddove possibile uniforme, ma dalla possibilità per ciascun proddotto di prevedere dei sottoconti rispetto a quello nazionale, che permettano di proseguire l’investimento nel Paese corrispondente (in una prima fase, dalla costituzione del PEPP e entro i tre anni successivi dovranno essere previsti sottoconti per almeno due Stati membri). Per esempio, il PEPP italiano potrà prevedere un sottoconto frencese ed uno spagnolo, consentendo agli aderenti che si trasferiscano per un periodo in uno di questi Paesi di continuare a contribuire secondo le nuove regole previste.
Come anticipato, una volta applicabili i Regolamenti UE, va emanata la legislazione nazionale di adeguamento.
Non mancano, quindi, alcuni punti ancora aperti, tra cui quello che sin dalle prime fasi di studio di questo prodotto è sempre stato largamente dibattutto, ossia il regime fiscale applicabile ai PEPP. A riguardo, il regolamento europeo raccomanda solamente di adottare misure il più possibile di favore al fine di incentivarne l’adesione e comunque, non difformi dai modelli nazionali.
Per i PEPP italiani si adotterà il sistema fiscale E-T-T (Esenzione-Tassazione-Tassazione) attualmente previsto per le forme pensionistiche integrative oppure sarà l’occasione per renderlo ancora più agevolato con la formula E-E-T (Esenzione-Esenzione-Tassazione), già prevista in altri Stati membri? In sostanza, verrebbe eliminata l‘aliquota, comunque agevolata rispetto agli altri strumenti finanziari, del 20% (12,5% per titoli di Stato) applicata ai rendimenti nella fase di accumulo, restando ferma ovviamente la deducibilità dei contributi e la sola tassazione della prestazione finale (aliquota 15%/9%).
Quanto manca per scoprirlo?
Non molto, dal momento che la data prevista per l’adeguamento della normativa nazionale è il prossimo 8 maggio. Non solo; durante un webinar organizzato da Assoprevidenza (Associazione italiana per la previdenza e assistenza complementare) in collaborazione con Deloitte Consulting Srl (Azienda di servizi di consulenza e revisione), la Responsabile del servizio legale della COVIP, Elena Moiraghi, ha affermato come questa tempistica sarà rispettata con la pubblicazione di un Decreto legislativo in pubblica consultazione.
Dal momento in cui saranno ufficialmente operativi, sarà proprio la COVIP l’Autorità preposta a vigilare sui PEPP italiani e sui sottoconti aperti per il nostro Paese da un PEPP estero.
PEPP: quali prospettive?
Appare evidente che i PEPP costituscano un’occasione di crescita notevole per il settore. Come riportato anche dal quotidiano assicurativo Assinews, durante il webinar citato di Assoprevidenza le stime parlano di un aumento di 700 miliardi di euro del mercato europeo della previdenza complementare, con quindi effetti positivi sia per gli operatori che per i risparmiatori.
Quanto ai primi, quali Paesi accolgono con favore i PEPP e, soprattutto, ci sono player già pronti ad offrire questo prodotto?
Due innanzitutto le categorie interessate all’introduzione dei PEPP, i Paesi a forte vocazione finaziaria da un lato, come l’Irlanda e Lussemburgo e quelli in cui vi è una maggiore emigrazione dall’altro, tra cui l’Italia stessa o i Paesi dell’Est.
Nell’articolo di Assinews, inoltre, sono riprese le parole di Maurizio Bertini, Partner di Deloitte, che durante il webinar di Assoprevidenza ha riportato le risultanze dell’indagine EIOPA riguardo all’interesse degli operatori per il collocamento dei PEPP. Ci sarebbero già tre player europei pronti (tra cui fintech e grandi società di asset management) ad offrire questi prodotti, ai quali se ne aggiungeranno quasi altri cinquanta entro il 2024.
Per i risparmiatori, invece, quali vantaggi?
Con l’introduzione dei PEPP è senz’altro assicurata una maggiore concorrenzialità tra i prodotti, con un’attenzione ancora più spiccata alla trasparenza e confrontabilità delle forme pensionistiche, soprattutto a livello dei costi applicati. La portabilità del prodotto, poi, implica necessariamente la digitalizzazione del settore, così da consentire la sottoscrizione e la gestione del PEPP totalmente online, con conseguente semplificazione nel reperire le informazioni necessarie ed efficienza nei costi.
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