La Settimana dell’Investimento Sostenibile e Responsabile, conclusasi il 25 novembre appena trascorso e organizzata dal Forum per la Finanza Sostenibile (FFS) porta buone notizie sul fronte degli investimenti sostenibili dei fondi pensione e delle Casse previdenziali. L’investimento sostenibile e responsabile, noto anche come SRI (Sustainable and Responsible Investment) viene definito da FFS come “una strategia di investimento orientata al medio-lungo periodo che, nella valutazione di imprese e istituzioni, integra l’analisi finanziaria con quella ambientale, sociale e di buon governo, al fine di creare valore per l’investitore e per la società nel suo complesso”.
Dunque, secondo l’indagine “Le politiche di investimento sostenibile e responsabile degli investitori previdenziali” di quest’anno, giunta alla sesta edizione, condotta da FFS in collaborazione con Mefop (società per lo sviluppo del Mercato dei Fondi Pensione) e MondoInstitutional (iniziativa per rispondere alle vaste esigenze informative sul mondo della finanza alternativa), gli operatori previdenziali che hanno partecipato all’indagine e che seguono politiche SRI (Sustainable and Responsible Investment) salgono al 62% rispetto al 46% del 2019. In particolare, il campione analizzato consta in totale di 115 investitori istituzionali tra tutte le Casse previdenziali, i fondi pensione chiusi e i primi venti per dimensione del patrimonio gestito tra i fondi pensione preesistenti, i fondi pensione aperti e i piani individuali pensionistici (PIP), di cui 85 hanno risposto al questionario oggetto dell’indagine.
Se ci sono, quindi, 53 investitori su 85 che già adottano una politica SRI, 21 stanno comunque compiendo delle valutazioni a riguardo, dato in diminuzione rispetto all’anno precedente in cui erano 28, coerentemente con l’incremento di chi ha deciso di uniformarsi ai criteri di sostenibilità. Stessa cosa per chi ha risposto no al questionario, scesi a 11 rispetto ai 20 dell’anno precedente.
Guardando, inoltre, alle precedenti edizioni, dal 2015 al 2018 il campione analizzato contava sempre un totale di 50 investitori previdenziali e la percentuale di chi adotta politiche SRI è passata dal 40% dei rispondenti del 2015 al 47% del 2018.
Quello di quest’anno, quindi, rappresenta un ottimo traguardo, ma cosa ha spinto gli operatori a uniformarsi ai criteri SRI degli investimenti?
Contribuire allo sviluppo sostenibile: la motivazione principale dell’adozione di una politica SRI
Compilando il questionario, gli investitori potevano indicare fino a tre motivazioni alla base della scelta di adottare una politica SRI negli investimenti e la finalità principale (41) risulta quella di contribuire allo sviluppo sostenibile ambientale, sociale e economico e, a seguire, quella di gestire più efficacemente i rischi finanziari (31).
Tra chi invece non ha adottato politiche SRI, nessuno ha indicato come motivazione di tale scelta la rischiosità, complessità o scarsa redditività degli investimenti sostenibili, ma nel 78% dei casi semplicemente non è stato ancora affrontato il tema di uniformarsi a tali criteri.
Le strategie SRI più diffuse
L’investimento sostenibile e responsabile si può applicare a tutte le asset class e secondo diverse strategie, adottabili anche contemporaneamente per uno stesso portafoglio di investimento, di cui le più diffuse sul mercato italiano risultano le seguenti.
su Indagine di FFS “Le politiche di investimento sostenibile e responsabile degli investitori previdenziali” 2020
Da questo punto di vista la strategia maggiormente diffusa resta anche nel 2020 quella delle Esclusioni, con il 25%. Si conferma con il 18% l’approccio Best in class e a seguire, quasi a pari merito, gli Impact invest (16%), gli investimenti tematici (15%), l’uniformarsi a convenzioni internazionali (13%) e infine l’Engagement (13%).
Un altro dato molto interessante riguarda il tasso di copertura della politica di investimento sostenibile, dove il numero dei piani attivi che estende questi criteri alla quasi totalità (tra il 75% e il 100%) del patrimonio gestito raggiunge quota 25, soprattutto tra i fondi pensione aperti e i PIP, aumentando di 2 unità rispetto al 2019.
Come specificato nell’indagine, 6 dei 13 piani che hanno introdotto da poco politiche SRI le hanno applicate a una piccola quota del patrimonio (tra lo 0% e il 25%).
Infine, la misurazione dell’impronta carbonio del portafoglio di investimento, ossia il calcolo delle emissioni di gas serra degli investimenti, risulta sempre più al centro delle politiche degli investitori previdenziali, con più della metà che l’ha già introdotta o comunque prevede di farlo.
Quanto ricavato da questi calcoli viene utilizzato principalmente per attività di benchmarking e per identificare quei rischi associati al cambiamento climatico nel portafoglio titoli.
Questa indagine conferma la crescente sensibilità da parte degli operatori previdenziali italiani nei confronti dell’investimento sostenibile e responsabile, il cui scopo primario è quello di creare valore per il risparmiatore e, nello stesso tempo, per la società nel suo complesso.
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