Secondo l’ultimo report dell’OCSE (Organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa) di novembre 2019 questa ricerca di flessibilità nelle tempistiche di pensionamento ha portato effettivamente i Paesi europei ad abbassare l’età anagrafica cui è possibile andare in pensione, in maniera graduale nell’ultimo trentennio del Novecento, per poi virare successivamente di nuovo verso un innalzamento di queste agevolazioni pensionistiche.
Anche in Italia si è seguito questo trend “anticipativo”, e a riguardo le tempistiche sulle pensioni sono giudicate come “troppo generose” rispetto ai paesi del Nord.
Pensioni italiane: troppo generose per i paesi nordici
Già nel corso degli anni Settanta l’Italia risultava essere tra i paesi con l’età media di pensionamento più bassa: 64 anni e 9 mesi per gli uomini e 61 anni e 8 mesi per le donne. Situazione ben diversa rispetto ad esempio alle lavoratrici danesi il cui tetto pensionistico si attestava a 66 anni per le donne e 66 anni e 5 mesi per i lavoratori uomini in Germania.
Nel 2018 in Svezia, patria del sistema contributivo, l’età media di pensionamento era di 66 anni e 4 mesi contro i 63 anni e 3 mesi dell’Italia. Nonostante il nostro Paese risulti fra quelli con una media d’età pensionabile più bassa, rimane comunque l’obiezione sull’età dei francesi: in media infatti essi vanno in pensione a 60 anni e qualche mese.
Attualmente in Italia sono presenti sette forme pensionistiche anticipatorie che rientrano nel primo pilastro previdenziale, fra cui “Opzione donna” e la sopra citata “Quota 100” che consente il pensionamento a 62 anni.
Come riporta un articolo del Sole 24 Ore dello scorso 23 luglio, stiamo inoltre per assistere al pensionamento dei cosiddetti “Baby boomers”, fattore che andrà a creare la cosiddetta gobba dovuta al ritiro dal mercato del lavoro di questi, creando un forte sbilanciamento nel sistema. Questo periodo post Covid-19 e le decisioni che si stanno prendendo in materia economica sono infatti l’ultima opportunità per trovare finalmente un equilibrio per il nostro Paese e per il suo sistema economico.
La Ragioneria di Stato stima infatti che a partire dal 2030 la spesa per le pensioni, sommata a quella per la sanità e cura delle persone non autosufficienti (Ltc) si attesterà tra il 25% e il 27% del Pil.
Cosa dicono i dati ISTAT?
Secondo l’Istituto Nazionale di Ricerca tra vent’anni gli italiani di fascia d’età dai 90 anni in su saranno 1,3 milioni (contro i 740 mila del 2019), e il tasso di dipendenza degli anziani, ovvero il rapporto tra over 65 e cittadini in età di lavoro, salirà dal 36% al 43,9% nel 2030.
Al di là delle vie di pensionamento in via anticipata, in Italia l’effettiva età anagrafica prevista per le vie di pensionamento ordinarie in realtà è tra le più alte d’Europa.
Secondo pilastro previdenziale: la pensione integrativa e le sue anticipazioni
A fronte delle anticipazioni di possibile fruizione che offre lo Stato, c’è anche un altro pilastro pensionistico importante, quello della pensione integrativa.
Anche questo strumento offre diversi tipi di flessibilità, oltre a grandi vantaggi fiscali come la deducibilità dei contributi versati fino a un tetto di 5.164,27 euro all’anno.
In particolare, grazie al fondo pensione è possibile un vero e proprio pensionamento anticipato grazie alla R.I.T.A. (rendita integrativa temporanea anticipata), che consente di andare in pensione fino a 5 anni prima dell’età pensionabile anagrafica prevista la pensione di vecchiaia potendo usufruire del capitale accumulato negli anni di aderenza al proprio fondo pensione.
Chi può richiederla?
I requisiti per accedervi, oltre all’età anagrafica di almeno 62 anni d’età (5 anni prima dei 67 anni previsti attualmente per la pensione di vecchiaia INPS), sono l’adesione da almeno 5 anni a un fondo pensione, l’aver concluso l’attività lavorativa al momento della richiesta,avendo versato 20 anni di contributi al sistema pensionistico pubblico, o addirittura in caso di inoccupazione superiore ai 24 mesi è possibile richiedere l’anticipazione fino a 10 anni prima del raggiungimento dell’età pensionabile. Ricordiamo inoltre che la R.I.T.A. è soggetta ad aliquota agevolata dal 9% al 15%, rispetto alle normali aliquote IRPEF, al pari della pensione integrativa. Insomma, nonostante in Italia l’età anagrafica del pensionamento ordinario sia fra i più alti nei Paesi dell’OCSE, grazie ai due pilastri pensionistici che si completano e si integrano perfettamente a vicenda, viene offerta la possibilità all’aderente di anticipare il momento del pensionamento, Se vi trovate ancora lontani dal momento del pensionamento, è certamente consigliabile aderire il prima possibile alla previdenza integrativa al fine di assicurarsi una pensione di scorta da affiancare a quella pubblica e nel frattempo di sfruttare tutti i vantaggi fiscali, le flessibilità e le tutele date da questo strumento e potendo eventualmente anticipare la pensione.