Come riportato da un articolo di Alessandro Rosina, professore ordinario di Demografia e Statistica sociale nella Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano, Direttore del centro di ricerca LSA e Presidente dell’associazione InnovarexIncludere su “Il Sole 24 Ore” del 3 giugno 2020, non è un quadro positivo quello che si prospetta per l’Italia che rischia di peggiorare la possibilità di crescita e le condizioni di benessere delle famiglie dopo l’uscita dalla crisi da Covid-19, tenendo in considerazione anche il fatto che già prima della pandemia il quadro economico e sociale risultava tra i meno positivi in Europa.
Se da un lato però l’Italia risulta tra i Paesi con prospettive future negative, dall’altro è anche tra quelli con maggiori margini di miglioramento nel momento in cui si riesca a reindirizzare il percorso di crescita valorizzando le risorse ed il territorio.
Già nei primi decenni del secondo dopoguerra l’Italia aveva dovuto fare i conti con una crisi, riuscendo però a mettere le basi per quello che sarebbe stato il boom economico: ma questo è stato possibile anche grazie al grosso peso dato delle nuove generazioni che hanno aiutato i processi di rinnovamento.
Nel 1951 infatti gli under 45 erano di gran lunga prevalenti rispetto ad oggi attestandosi al 72% rispetto al 47% dei giorni d’oggi. Secondo un’analisi Istat inoltre, questo è un dato destinato a calare ulteriormente arrivando al 43,7%.
Siamo quindi davanti a un indebolimento del contributo che le nuove generazioni possono dare alla spinta di cui necessita il nostro Paese.
Stiamo risentendo del calo demografico iniziato nel passato, che pesa sul presente e influenzerà il futuro
La seconda preoccupazione riguarda il presente e l’impatto che la pandemia ha avuto sul quadro generale e che ha aggravato la già critica situazione demografica: le nuove generazioni si ritrovano infatti con posizioni lavorative instabili e in generale con fragili condizioni economiche che portano ad un conseguente calo delle nascite.
Il terzo fattore fonte di preoccupazione, che riguarda il quadro futuro del Paese, tocca invece quello che è lo scheletro dell’Italia, ovvero una debole struttura demografica che non può essere utilizzata per iniziare la ripresa economica.
Il dato che più viene osservato dalle economie mature è proprio il rapporto tra la componente anziana e quella in età lavorativa in quanto più il gap aumenta e più la capacità di produzione di ricchezza rispetto ai costi, per lo più previdenziali e sanitari dell’invecchiamento della popolazione, diminuisce.
È infatti probabile che entro il 2050 si possa arrivare ad un rapporto 1:1 tra pensionati e lavoratori italiani, rendendo l’Italia un Paese incapace di competere economicamente rispetto agli altri.
Inevitabilmente si porrà quindi il problema dei piani pensionistici, andando a influenzare anche il tenore e lo stile di vita dopo il periodo lavorativo e rendendo quindi necessario dover pensare ad una soluzione alternativa all’inevitabile gap che si va a creare dall’ultimo reddito percepito alla pensione stessa, soluzione che risiede nei fondi pensione.
Investire per rinascere
Solo accettando le sfide che si parano davanti possiamo tentare di uscire dalle crisi alle quali assistiamo, ed è quindi importante investire tempo e risorse per competere con gli scenari ai quali assistiamo.
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