A confermarlo è anche il Sole 24 Ore odierno che, in un articolo della rubrica “Finanza e mercati” riporta i dati pubblicati dalla Covip, autorità di vigilanza sui fondi pensione, indicando appunto che nel primo semestre di quest’anno i fondi negoziali hanno registrato un +4,7% mentre i PIP – piani individuali pensionistici e i fondi pensione aperti sono arrivati rispettivamente a un +5,5% e +6,9%. Il tutto al netto dei costi di gestione e della fiscalità.
Essendo la previdenza integrativa è una forma di risparmio di lungo periodo è essenziale non focalizzarsi sulle oscillazioni e performance di periodi brevi ma è necessario considerare un periodo di gestione più ampio. Ad esempio, negli ultimi dieci anni (da inizio 2009 a fine 2018) i rendimenti dei fondi pensione negoziali sono stati pari al +3,7%, +4,1% per i fondi pensione aperti e del +4% per i PIP di ramo terzo. Mentre le gestioni separate hanno registrato un + 2,7%.
Infatti, essendo i contributi versati al fondo pensione deducibili dal reddito dichiarato ai fini IRPEF fino a ben 5.164 euro all’anno, è possibile risparmiare sulle tasse ricevendo indietro, di anno in anno, una parte della somma versata al fondo. Si tratta di un vantaggio fiscale importante che nessun altro strumento di risparmio offre.
Non solo rendimenti, nel primo semestre del 2019 anche le risorse gestite dal sistema di previdenza complementare hanno registrato un aumento arrivando a 174,74 miliardi (+4,5% rispetto a dicembre 2018), al pari del numero delle posizioni in essere: +2,1% per un totale di iscritti stimati pari a 8 milioni e 120 mila.